Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 225
marzo 1996


Rivista Anarchica Online

Goodman per me
a cura della Redazione

Due suoi amici e compagni (Colin Ward e Judith Malina) ed un suo estimatore (Goffredo Fofi) ricordano l'uomo, lo scrittore, lo psicanalista, l'attivista...

L'autonomia oltre la libertà

Paul Goodman (1911-1972) era un poeta, drammaturgo, romanziere e critico newyorchese, un poeta che era anche un pensatore educativo, uno psicoterapista e un anarchico. Lui e la sua famiglia vissero in una povertà bohèmien per anni, ed egli rimase sconosciuto al di fuori dei circoli anarchici e dell'avanguardia fino a che, sull'onda della riflessione autocritica che coinvolse l'America negli anni di Dwight David Eisenhower, il suo libro sui problemi dei giovani, La gioventù assurda, divenne un best-seller e lo trasformò in una celebrità dei media.
Per quanto ricordo, egli gestì questa situazione molto bene, non modificando in nulla il suo comportamento informale e sconveniente né il suo messaggio radicale anarchico, pur accogliendo volentieri la fine di quegli anni di povertà e l'immediata attenzione per tutto quello che sceglieva di scrivere.
Negli anni Sessanta produceva un libro dietro l'altro, ed era un idolo per i giovani disorientati della generazione studentesca, impegnata nelle campagne per i diritti civili e nell'opposizione alle avventure militari nel Vietnam. Dopo la sua morte nel 1972 divenne ancora una volta un pensatore fuori moda, pronto per l'oblio. Se non fosse stato per l'instancabile energia del suo esecutore letterario e futuro biografo, Taylor Stoehr, professore di inglese alla University of Massachusetts di Boston, sarebbe probabilmente scomparso dal mondo dei libri disponibili. Se non altro egli è riuscito a convincere un editore americano a ripubblicare almeno dodici volumi di suoi scritti.
Il nome di Paul Goodman lo incontrai cinquant'anni fa, perché la Freedom Press di Londra distribuiva in Inghilterra diversi giornali anarchici e pacifisti provenienti dagli Stati Uniti. C'era Why?, più tardi Resistance, prodotto da un gruppo di newyorkesi che comprendeva Paul. C'era Retort, stampato e pubblicato da Holley Cantine e Dachine Rainer, e c'era Politics di Dwight Macdonald.
Era una voce inconfondibile per via di uno stile di pensiero particolare che, secondo le sue stesse parole, «punta a vantaggi sociali e culturali di vasta portata attraverso espedienti diretti e piuttosto sciocchi (semplicistici)». Nel 1946, nel suo libro Art and Social nature, spiegava il suo punto di vista:
«Una società libera non può essere la sostituzione del vecchio con un «nuovo ordine»; è l'estensione delle sfere della libera azione fino a che non diventano gran parte della vita sociale... Il libertario è più un millenario che un utopista. Non guarda con impazienza a un futuro stato delle cose che cercava di determinare con mezzi sospetti; ma lo tira fuori ora, fino a che gli è possibile, dalla forza naturale che è in lui e non è diversa nel genere da ciò che sarà in una società libera, eccetto che là avrà più spazio e sarà incommensurabilmente rinforzata dall'aiuto reciproco e dal conflitto fraterno».
Il suo anarchismo era sempre costruito attorno all'opinione che le idee libertarie dovessero essere applicate alle situazioni reali, qui e ora, nel mondo del lavoro, o nella pianificazione urbana e rurale (che lui e suo fratello Percy cercarono di progettare nel loro libro Communitas nel 1947), o nella crescita e nell'educazione dei figli.
Questo concetto dell'anarchismo come un aspetto del presente, piuttosto che del futuro, rappresenta il suo contributo più rilevante al pensiero anarchico. In quello che doveva essere il suo ultimo articolo, pubblicato dopo la sua morte, sottolineava che:
«Per me, il principio primo dell'anarchismo non è la libertà ma l'autonomia, la capacità di darsi un obiettivo e perseguirlo lungo un proprio cammino... La debolezza del «mio» anarchismo è che la brama di libertà è un forte motivo di cambiamento politico, e l'autonomia no. Gli individui autonomi si proteggono ostinatamente ma con mezzi meno energici, facendo anche largo uso della resistenza passiva. La cosa che vogliono la fanno comunque. Il pathos degli individui oppressi, tuttavia, è che, se si liberano dalle catene, non sanno cosa fare. Non essendo stati autonomi, non sanno cosa significa, e prima che imparino, si ritrovano nuovi amministratori che non hanno alcuna fretta di abdicare...».
La verità di questa osservazione si è vista nelle rivoluzioni mancate di questo secolo, e si è vista specialmente nel collasso dell'Unione Sovietica e del suo impero. L'anarchismo di Goodman è essenzialmente l'affermazione che la scelta tra le soluzioni libertaria e autoritaria riguarda la vita di tutti i giorni.

Colin Ward (traduzione Stefano Viviani)

Con noi del Living

Paul Goodman amava definirsi un uomo di lettere, come sicuramente era, ma al Living Theatre abbiamo conosciuto Paul anche in numerosi altri ruoli: come amico, drammaturgo, organizzatore dello Sciopero generale per la Pace, psicanalista... A ognuno di questi, egli ha dato il contributo di una filosofia pacifista e di una ridefinizione dell'estetica anarchica...
Come amico e come compagno ha introdotto tra di noi la consapevolezza di essere/divenire una comunità di artisti... Così si preoccupava dei nostri affari, economici, sessuali, domestici, artistici, per cui come vivevamo, come amavamo e la creazione del lavoro artistico erano una cosa sola... Nella compagnia era l'amante di molti, i suoi affetti polimorfi si estendevano a tutti gli attori dei suoi drammi... Oh, questo causava ogni genere di problemi, ma, Goodman, con la sua alta consapevolezza dei principi base della creatività, l'integrazione della persona privata e del collettivo, così come dell'indipendenza dell'individuo all'interno del collettivo («Odio i collettivi», scrisse, ma intendeva le organizzazioni dirette dallo stato), fu sempre un avventuriero sessuale. Lo diceva spesso: «fare l'amore e fare arte sono parti integranti del nostro impegno». Non ha mai smesso nemmeno per un momento di insegnare. Le sue poesie anacreontiche mostrano le sue intenzioni: imparare e insegnare anche nell'atto dell'amore...
Era un drammaturgo prodigioso, il drammaturgo di una nuova sensibilità che apriva nuove dimensioni nel teatro, derivando da Luigi Pirandello il problema della realtà e della finzione, da Jean Cocteau la mescolanza dei modi moderno e classico con le scoperte dei surrealisti, da Antonin Artaud il sangue e il coraggio, e da Johann Wolfgang Goethe e Baruch Spinoza, la mente e lo spirito della fede...
Tra le opere di Goodman che ho diretto per il Living Theatre c'è Faustina, che tratta della nostra responsabilità nei confronti del pubblico, e della responsabilità del pubblico come partecipante. Faustina è un dramma rituale nel quale Goodman descrive le sanguinose contraddizioni tra la filosofia stoica e le passioni umane. Alla fine, l'attrice che interpreta l'Imperatrice esce dal personaggio e si rivolge al pubblico in prima persona, rinunciando alla finzione per rimproverare agli spettatori di non partecipare al dramma.
L'attrice, Julie Bovasso, trovava impossibile uscire dalla funzione scenica e nonostante l'avessimo cercata non riuscimmo a trovare un'attrice che recitasse quella scena personale. Paul Goodman aveva toccato il nervo scoperto dell'inganno e della rivelazione del teatro. Il Living Theatre, quarant'anni dopo, sta ancora, su l'ispirazione di Goodman, cercando di delineare la relazione non scenica tra interprete e spettatore.
Abbiamo prodotto anche The Young Disciple, una visione anarchica del Vangelo secondo san Marco del Nuovo Testamento con lo splendido concetto di Goodman della santità come «fottuto nostro unico mondo». E The cave at Machpelah, una versione anarchica del racconto di Abramo dell'Antico Testamento e della riconciliazione tra quei fratelli, il prototipo della profonda angoscia che continua a spargere sangue tra Ismaele e Israele (Isacco).
Paul ha lavorato a stretto contatto con me in numerose prove, consultando, consigliando, interferendo e ispirando... raccontando barzellette o storie intelligenti, scherzando con i suoi preferiti... chiarendo le idee, ampliando la visione. Ma quando gli chiedevamo qual era il suo ruolo nella nostra comunità teatrale, lui rispondeva: «Io sono il cronista».
Goodman era solito dire che il suo attivismo politico non era per iniziare, ma per essere ridestato quando chiamato. Uomo di lettere, egli guidava il fervore, inventava le mappe stradali e la strategia, definiva i parametri, e aspettava - sì, diceva proprio aspettare - di essere chiamato.
Quando nel 1961 il Living Theatre chiamò allo Sciopero generale per la Pace, Goodman venne ridestato all'azione e divenne un punto di forza del Comitato d'azione. Il volantino della chiamata allo Sciopero generale per la Pace, ristampato in quattro lingue, era un'eloquente dichiarazione politica del tutto simile alle tante prodotte dal movimento degli anni Sessanta. Ma Paul si esponeva sempre in prima fila, alle manifestazione e alle veglie, o «votando con i piedi» per presidiare un seggio insieme a me - come ha scritto in una triste piccola poesia in cui esprime la sua sfiducia nel sistema democratico e nella nostra capacità di agire efficacemente contro di esso.
Ma in una lettera che mi scrisse quattro giorni prima di morire, comincia,
Tu prendi il «voto» troppo coerentemente. Per esempio, come anarchica potresti anche considerarlo una vittoria passata conquistata a caro prezzo contro i tiranni. Per esempio, gli anarchici che voteranno per McGovern - non io, bambina! - potranno probabilmente ottenere molto insistendo su tutte le promesse che non ha mantenuto... La «politica» non è molto importante. L'integrità sì.
Rifiutavo rispettosamente le sue conclusioni, naturalmente, ma la mia risposta è arrivata il giorno della sua morte. Il nostro dialogo sull'anarchismo era stato interrotto a metà dal tiranno definitivo.
Come psicanalista, Paul ruppe ogni canone... talvolta faceva l'amore con i suoi pazienti maschi ed era deplorevolmente indiscreto, sempre con la scusa che era importante per il benessere del paziente. Nelle sedute di gruppo creava tensioni incredibili, una volta rispose a una mia provocazione schiaffeggiandomi. Ma dava tutto se stesso a coloro che analizzava, in un modo straordinariamente umano e profondo.
Le sue sedute faccia-a-faccia con me, lungo un periodo di anni, sono più facilmente paragonabili allo studio con uno dei leggendari insegnanti rabbini che alla metodologia degli analisti classici. «Cos'è che vuoi e perché non ce l'hai?» era la premessa base della sua terapia della gestalt. «Dove ti fa male?» era la sua domanda più frequente. La sua conoscenza delle funzioni e delle interrelazioni di corpo e mente era stupenda. Questa dualità è sempre sottintesa, se non il contenuto del suo teatro...
Paul Goodman indagava su tutto: arte, medicina, letteratura, religione, anarchismo, pacifismo... Ma tutto ciò, e l'interrogare se stesso, sono la materia prima del suo lavoro: un manuale su come fare l'amore con il nostro unico mondo...
Noi siamo troppo lenti per imparare la sua lezione: fare la rivoluzione del teatro e il teatro della rivoluzione. Nella stessa ultima lettera scriveva,
Penso che la gente abbia fatto un feticcio della parola rivoluzione che connota un cambiamento di sistema totale... Ciò che conta è badare ai fatti propri e, quando necessario, mettersi insieme politicamente per impedire al potere di interferire con te, o proseguire negli orrori come la guerra o le prigioni...
Aveva ragione a metterci in guardia dal prestare più attenzione alle parole che a cercare realmente di mettere fine alle sofferenze. Come amava ricordarci Goodman, c'è ancora molto da fare.

Judith Malina (traduzione Stefano Viviani)

Una boccata d'aria fresca

La «scoperta» di Paul Goodman é avvenuta in Italia grazie alla traduzione einaudiana di La gioventù assurda, titolo italiano per Growing up Absurd, «crescere nell'assurdo». Quando uscì, abitavo a Torino e correggevo bozze per Einaudi.
Il libro lo divorai e mi ci riconobbi. La traduzione l'aveva voluta Renato Solmi, grande intellettuali e traduttore di Theodor Adorno, di Walter Benjamin, di Günther Anders... Ne parlammo insieme a lungo. Solmi era attentissimo alle novità dei giovani americani (per i Quaderni piacentini scrisse una splendida e lunghissima cronaca delle lotte per i diritti civili, mese per mese e gruppo per gruppo) ma io lo giudicavo, rispetto a me, un «uomo d'altri tempi» perché certamente più puritano di me (o di un altro amico del tempo, allora davvero giovanissimo , Guido Viale). E infatti egli considerava Goodman sotto certi aspetti un autore «eccessivo», e perfino - vedi il tema della liberazione sessuale - «estremista».
Erano gli anni Sessanta pre-'68, non quelli post-'68 e, nonostante il boom, nonostante le nouvelle vagues, nonostante i beatniks, l'Italia era ancora un paese assai bigotto, e i giovani erano assai conformisti a cominciare dai cattolici per finire con i comunisti. I quali comunisti - della Fgci - sfornavano periodicamente riviste e riviste di «nuova generazione» l'una più pallosa e bigotta delle altre (tutto il contrario di oggi - vedi il Manifesto - che sfornano riviste ultra-moderne ma nel senso della «cattiva modernità» della cultura del capitale).
Leggere La gioventù assurda fu dunque una boccata d'aria fresca, anzi molto di più. Una boccata d'aria fresca erano stati Sulla strada o le poesie di Allen Ginsberg, i film di Glauber Rocha o di Jean-Luc Godard, e prima ancora - molto prima, alla metà dei Cinquanta - quelli interpretati da James Dean, da Marlon Brando, da Montgomery Clif. Di tutto questo Goodman teneva conto (della parte statunitense) e analizzando la grande miseria della gioventù degli anni dell'assurdo , riusciva a parlare anche di noi, altrove. Ne faceva teoria, analisi, discussione, indicazione di strade di opposizione possibile: la grande miseria, la grande solitudine, la grande stupidità del conformismo atroce dei giovani degli anni della «guerra fredda». Là come qui, Goodman li fotografava, li spiegava a noi stessi e ci additava alcune possibilità di risposta, qualche alternativa.
Personalmente, gliene sarà eternamente grato. Poi scoprii che Goodman non era solo La gioventù assurda, qualcosa di lui lo pubblicò (dopo il '68) la Rizzoli e qualcosa lo lessi, con fatica, in inglese. Scoprii il Goodman «delle città», lo studioso di urbanistica e «d'utopia concreta» così vicino a certi di oggi - per esempio a Colin Ward, ma non solo un Goodman pieno di insegnamenti possibili, un Goodman che ha ancora molto da dirci.
Poi lessi anche il Goodman romanziere e provai, confesso, una notevole delusione: non pessimo, ma certe secondario, e troppo ideologico nel suo libertarismo (e nella sua rivendicazione omosessuale, tuttavia sacrosanta). Lessi anche, in qualche raccolta einaudiana il bel necrologio che gli dedicò un'allieva e amica, Susan Sontag e conobbi meglio il suo ambiente, il «giro» di intellettuali radicals in cui si era fermato - dentro la grande scuola dei radicals dell'ottocento, dei figli di Thoreau, «puritani anti puritani nella morale dei diritti individuali», in un modo così morale da risultare per i cinici italiani quasi esotico. Ma tuttavia per noi minoritari, affascinante, istruttivo, fondamentale.
È forse «datato», Goodman, ma ha dato molto e ci è servito molto. In un contesto così squallido come quello italiano di questi anni, è ancora un maestro vero, pieno di suggerimenti teorici e di indicazioni concrete. Dai radicals anglosassoni, di ieri e di oggi, non si finisce mai di imparare.

Goffredo Fofi

Paul Goodman: vita e opere

Paul Goodman nasce il 9 settembre 1911 a New York (nel Greenwich Village), da famiglia ebraica. Compiuti gli studi superiori, si laurea al City College di New York nel 1931, seguendo poi corsi alla Columbia, a Harvard e all'università di Chicago, dove ottiene il dottorato nel 1954. Nel 1939-40 è già assistente all'università di Chicago, incarico che perde quasi immediatamente a causa della sua condotta apertamente omosessuale. Nello stesso periodo comincia a pubblicare le prime opere narrative e poetiche di una certa rilevanza e diviene critico cinematografico della nota Partisan Review. Nei primi anni Quaranta si impegna nel movimento pacifista. In seguito si interessa di psicanalisi ed è tra i fondatori dell'Istituto di Terapia Gestaltica di New York, per cui svolge mansioni di psicologo e terapista; è tra gli autori del testo base della nuova tendenza (Gestalt Therapy, 1951). Nel 1947 aveva già pubblicato, insieme al fratello, un libro di critica sociale e pianificazione urbana Communitas. In questo stesso periodo insegna alla Manumit School of Progressive Education di Pawling (New York) e poi al Black Mountain College (1950). In entrambi i casi non viene riconfermato, probabilmente ancora a causa della sua omosessualità. Negli anni Cinquanta dirige la rivista di psicanalisi Complex ed è tra i fondatori di Liberation. Nel 1960 ottiene grande successo con Growing Up Absurd, a quistando un certo seguito e una certanotorietà come sociologo e critico del sistema. Viene chiamato a insegnare all'università di New York, al Sarah Lawrence College, all'università del Wisconsin e all'Institute for Policy Studies di Washington. Nel 1966 è il primo membro della facoltà eletto dagli studenti al San Francisco State College. Nel corso degli anni Sessanta diviene uno dei punti di riferimento del movimento giovanile, partecipando in prima persona - come pubblicista, conferenziere e attivista - alle iniziative, alle manifestazioni e ai sommovimenti del periodo. Scrive una serie di influenti libri di politica e sociologia e pubblica una imponente massa di articoli, saggi e interventi di ogni genere. Muore d'infarto il 2 agosto 1972.

Opere tradotte in italiano:

  • Communitas. Means of Livelihood and Ways of Life, in collaborazione con Percival Goodman, University of Chicago Press, Chicago 1947, tr. it. Communitas, Il Mulino, Bologna 1970.
  • Growing Up Absurd. Problems of Youth in the Organized Society, Random House, New York 1960, tr. it. La gioventù assurda, Einaudi, Torino 1964.
  • Like a Conquered Province. The Moral Ambiguity of America, Random House, New York 1967, tr. it. La società vuota, Rizzoli, Milano 1970.